Io sparo, io
sparo
(Vanità delle vanità, tutto è vanità-Qo 1,2)
Mi ricordo che a Rapallo (certamente un po’ di anni fa e forse
ancora oggi) nel corso dei festeggiamenti per l’apparizione della Madonna di
Montallegro veniva anche allestito uno spettacolo pirotecnico di fuochi
d’artificio per realizzare il quale venivano scelti degli appositi spiazzi (sei
in tutto, uno per sestriere: i quartieri di Rapallo) da cui effettuarli.
Essere stato prescelto per poter mettere a disposizione il
luogo da cui sparare era quanto si potesse desiderare di più.
Se si sparava da un luogo di mia proprietà, o se addirittura
si faceva sparare da me, era il massimo onore.
Praticamente significava che in me erano presenti molte
caratteristiche:
-
Ero
affidabile nell’eseguire lo spettacolo pirotecnico
-
Disponevo
di un posto di grande importanza e grande visibilità
-
Ero
rappresentativo
-
Tutti
avrebbero guardato a me e al mio operato
Quindi il poter dire “Io sparo, io sparo” (frase uscita
dalla bocca di molte persone a ciò incaricate) era un’alta aspirazione, un
sommo vanto, e, diciamolo pure, ne poteva conseguire una grande vanità.
A questo punto l’atteggiamento di quelle poche persone
prescelte diventava una fonte di grande superbia altezzosa, proprio il
contrario di quella che io, sbagliando, chiamo la quarta virtù teologale:
l’umiltà.
Perciò mi torna in mente Radio Maria quando (per lo meno lo
faceva circa dodici anni fa, ma magari lo fa anche oggi) dopo una qualche
trasmissione, se voleva aprire il dibattito con gli ascoltatori, diceva
“Telefonate pure a noi. Il nostro telefono è 031 (non ricordo più se sia questo
il prefisso) e non diceva 610 610, ma con tono allusivo confermava 031 sei uno
zero sei uno zero”. Solo se ciascuno di noi si rende conto di essere un niente,
di essere uno zero (atteggiamento esattamente contrario da quello di “Io sparo,
io sparo”), è nella condizione di potersi riempire non di sé stesso ma di
Qualcun altro. Io annullo me perché io mi rinforzi riempiendomi di Dio.